12 Settembre 2014

Pasolini a Monteverde

Tour fotografico nel quartiere Monteverde di Roma, scenario del primo romanzo "Ragazzi di vita" di Pier Paolo Pasolini.

Pasolini a Monteverde

(Per le foto si ringrazia Francesca Minonne)

La vita di Pier Paolo Pasolini a Roma, dopo i primissimi anni passati tra il ghetto ebraico e Rebibbia, è stata fortemente condizionata dal quartiere di Monteverde. L’artista friulano ebbe due residenze, la prima (1954-59) in via Fonteiana 86 (Monteverde Nuovo), la seconda (1959-63) in via Giacinto Carini 45 (Monteverde Vecchio), dove condivideva l’amicizia con la famiglia Bertolucci, in particolare il poeta Attilio e il fratello minore Bernardo, che sarebbe stato il suo primo aiuto regista.

All’epoca, Monteverde rappresentava il toponimo di frontiera del versante occidentale capitolino: più in là era tutta campagna. La suddivisione tra il quartiere vecchio, a ridosso del Gianicolo e di Trastevere, e quello nuovo, addossato sulla Circonvallazione Gianicolense e il lato meridionale di Villa Pamphili era censuale ancor prima che territoriale. A Monteverde Vecchio, elegante e liberty, abitavano le famiglie borghesi, mentre a Monteverde Nuovo, segnata dall’edilizia popolare del fascismo e dai primi cenni di speculazione del dopoguerra, abitavano proletari e sottoproletari, come quei “ragazzi di vita” raccontati da Pasolini stesso nel suo romanzo d’esordio, scritto in questo periodo.

A dividere i due quartieri, come una valle tra due lunghe montagne, il fosso di via di Donna Olimpia, cuore dei primi due capitoli di Ragazzi di vita (1955), intitolati “Ferrobedò” e “Il riccetto”.

Il Riccetto però aveva una gran prescia di tagliare: da Monteverde giù alla stazione di Trastevere non si sentiva che un solo continuo rumore di macchine.

La Circonvallazione Gianicolense è la principale arteria della zona, collega il quartiere a via di Trastevere e l’omonima stazione. Una lunga discesa segnata da tre corsie (la centrale è riservata al tram), che fiancheggia il principale ospedale del quartiere, il San Camillo.

gianicolense

Da Monteverde Vecchio ai Granatieri la strada è corta: basta passare il Prato, e tagliare tra le palazzine in costruzione intorno al viale dei Quattro Venti: valanghe d’immondezza, case non ancora finite e già in rovina, grandi sterri fangosi, scarpate piene di zozzeria. Via Abate Ugone era a due passi.

Viale dei Quattro Venti è una delle strade più ampie e recenti che collegano Ponte Bianco a Monteverde Vecchio; ai tempi del racconto era stata tracciata, ma era ancora in costruzione. La caserma dei Granatieri sorgeva invece dov’è attualmente situato il mercato di Monteverde.

quattro_venti

Il Ferrobedò lì sotto era come un immenso cortile, una prateria recintata, infossata in una valletta, della grandezza di una piazza o d’un mercato di bestiame: lungo il recinto rettangolare s’aprivano delle porte: da una parte erano collocate delle casette regolari di legno, dall’altra i magazzini.

Poco o nulla è rimasto della vecchia fabbrica di materiale ferroviario Ferrobeton, che terminava dalle parti di Piazzale Dunant, confine meridionale del quartiere.

dunant

Sullo spiazzo di terra battuta sotto il Monte di Splendore, una gobba di due o tre metri che toglieva alla vista Monteverde e il Ferrobedò, e, all’orizzonte, la linea del mare, quando i ragazzini s’erano ormai stufati di giocare, un sabato, alcuni giovanotti più anziani si misero sotto la porta col pallone tra i piedi.

Il Monte di Splendore era un avvallamento scosceso tra la Circonvallazione Gianicolense e Donna Olimpia. In questa zolla di terra brulla, adibita ai campetti di calcio, i “ragazzi di vita” (e lo stesso Pasolini) giocavano. Sopra il terreno dei campi è stata costruita una scuola media intitolata a Fabrizio De Andrè.

splendore

Il Riccetto e Marcello si alzarono e senza dir niente a nessuno se ne andarono giù per via Ozanam, e locchi locchi, sotto il solleone, se la fecero a fette fino al Ponte Bianco, per attaccarsi al 13 o al 28.

Dietro il Ponte Bianco non c’erano case ma tutta una immensa area da costruzione, in fondo alla quale, attorno al solco del viale dei Quattro Venti, profondo come un torrente, si stendeva calcinante Monteverde. 

Il Ponte Bianco collegava (e collega tuttora) Monteverde alla Portuense, sovrastando i binari diretti alla Stazione Trastevere, e fiancheggiando l’altra grande fabbrica di zona, la Purfina, una raffineria di petrolio. Risalente agli Anni Venti, il Ponte Bianco aveva persino i fasci littori a decorarlo, eliminati nel Dopoguerra.

ponte_bianco

Così passavano i pomeriggi a far niente, a Donna Olimpia, sul Monte di Casadio, con gli altri ragazzi che giocavano nella piccola gobba ingiallita al sole, e più tardi con le donne che venivano a distenderci i panni sull’erba bruciata.

Il Monte di Casadio era il contraltare ideale del Monte di Splendore, e divideva Monteverde Vecchio dalla zona di Donna Olimpia, un-ex fondovalle che prima della bonifica settecentesca veniva chiamato fosso di Tiradiavoli. Aveva anche un casale a distinguerlo, eliminato nel 2008 per fare posto ad un parcheggio multilivello (ad oggi ancora in costruzione). Alle sue spalle, si possono notare i segni della speculazione edilizia che non ha risparmiato il quartiere tra gli anni Cinquanta e i primi anni Settanta.

casadio

Il Riccetto abitava alle scuole elementari Giorgio Franceschi. Venendo su dalla strada del Ponte Bianco, che a destra ha una scarpata con in alto le case di Monteverde Vecchio, si vede prima a sinistra, affossato nella sua valletta, il Ferrobedò, poi s’arriva a Donna Olimpia, detta pure i Grattacieli. E il primo edificio a destra, arrivando, sono le scuole.

Le scuole elementari Franceschi esistono ancora, ma nel primo Dopoguerra furono luogo di un drammatico crollo, narrato anche nel libro, che vide numerosi morti e decine di famiglie restare senza casa. Molte di quelle famiglie finiranno nelle case popolari dell’Ater, i famigerati Grattacieli di Donna Olimpia.

franceschi

Marcello, invece, abitava ai Grattacieli un po’ più avanti: grandi come catene di montagne, con migliaia di finestre, in fila, in cerchi, in diagonali, sulle strade, sui cortili, sulle scalette, a nord, a sud, in pieno sole, in ombra, chiuse o spalancate, vuote o sventolanti di bucati, silenziose o piene della caciara delle donne o delle lagne dei ragazzini. 

Esistono tre grossi complessi di case popolari, in via di Donna Olimpia. Sono stati costruiti ai tempi del fascismo, tra il 1932 e il 1939. Sono tuttora in corso le privatizzazioni dell’ente.

grattacieli 

Intanto veniva buio, le migliaia di file e di diagonali di finestre e balconi dei Grattacieli s’erano illuminate, delle radio andavano a tutta callara e da dentro le cucine si sentiva rumore di piatti e voci di donne che strillavano, litigavano o cantavano.

palazzo

Anche là e poi a Monteverde Nuovo, tutta una gran confusione, una gran allegria, la caciara del sabato sera. I due se ne andarono in un’osteriuccia proprio sul gran piazzale del mercato e del capolinea del tram, poco oltre il Delle Terrazze.

Il Delle Terrazze era un cinema (al chiuso o all’aperto) che non esiste più. Piazza San Giovanni di Dio era il confine occidentale del quartiere, dove faceva capolinea il tram dell’epoca (ora ci passa il tram 8). Qui era anche dove “finiva Roma”, negli anni Cinquanta. E’ l’attuale sede del mercato di Monteverde.

san_giovanni_dio

Era una bella mattina, col sole che ardeva, libero e giocondo, battendo sui Grattacieli puliti, freschi, attraverso chilometri e chilometri d’azzurro, e facendo piovere oro da tutte le parti. Sulle gobbe riverniciate del Monte di Splendore o di Casadio, sulle facciate dei palazzoni, sui cortili interni, sui marciapiedi: e in mezzo a tutto quell’oro e a quella freschezza, la gente vestita a festa formicolava al centro di Donna Olimpia, alle porte dei caseggiati, intorno al chiosco del giornalaio…

La cosiddetta Piazza di Donna Olimpia è un importante punto di snodo che taglia l’omonima strada, via Federico Ozanam e via Abate Ugone, la salita che confluisce in via Fonteiana per poi giungere a Monteverde Vecchio. Il chiosco del giornalaio è ancora lì, assieme ad una targa dedicata a Pasolini.

donna_olimpia

pasolini

 

Commenti 4

  1. luigi zerbini

    io sono nato a piazza donna olimpia n 5 scala e interno 52 e vedendo le foto e leggendo quello che e scritto posso dire che alcune cose sono vere ma tante non sono esatte i campi di pallone era solo 1 e vero che Pasolini veniva a giocare a pallone poi la Ferobetò era un deposito di treni che i Teteschi incatramavano le traverse di legno e il guardiano lo chiamavamo scopoletta e con noi bambini era molto severo il motivo che facevamo le capanne vicino alla rete poi splendore stava sopra al campetto di pallone e cera la vallata che divideva che divideva monte verde nuovo ai grattaceli tanto e vero che facevamo sempre delle sassaiole fra di noi casa dio era l’altro potere che divideva i grattaceli a monte verde vecchio e cera una gratta che noi la chiamavamo grotta di casa dio che ci andava molto spesso Pasolini e cera il fontanone che senza farsi vedere andavamo a fare il bagno quelli che anno girato ragazzi di vita erano di ponte bianco finisco si no non leggete il mio libro LA MIA VITA MOVIMENTATA di zerbini luigi casa editrice albatros il filo si trova su internet

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