25 Maggio 2021

Master of None

master of none recensioneGenere: Commedia, Drammatico

Showrunner: Aziz Ansari

Cast: Aziz Ansari, Lena Waithe, Alessandra Mastronardi,

Stagioni: 3

Episodi: 25

Durata media: 32 minuti

Sinossi: L'attore Dev, l'amica d'infanzia Denise e il loro eclettico gruppo si destreggiano tra amore, carriera, questioni sociali e molto altro in questa acclamata serie.

Il progetto di Master of None, serie creata da Aziz Ansari e Alan Yang, ha cambiato spesso declinazione, motivazioni e persino stile di ripresa e montaggio. Il tutto in sole (per il momento) tre stagioni.

Eppure sembra passata un'eternità da quando venne lanciata: era l'inizio del 2016, Netflix era da pochi mesi sbarcato in Italia, e questo show era una commedia che voleva raccontare New York e i millennial, ispirandosi vagamente a quel tipo di comicità stand-up che ha fatto la fortuna di Seinfeld o Louie.

Master of None era veramente esilarante, costruito sulla quotidianità, sull’osservazione di tic e comportamenti delle persone, su macro-tematiche che riguardano tutti o per le quali tutti abbiamo sviluppato un’opinione o un’esperienza. Observational humour, lo chiamano, è la cifra stilistica dei comici stand-up.

Tuttavia, già da allora, si vedeva qualcos'altro, oltre alla risata per quanto intelligente. Se la natura autobiografica delle vicende offriva lo spunto per una miriade di sketch situazionali, era l’evoluzione del protagonista, in quei primi dieci episodi, a farmi pensare, aldilà della prima impressione, che questo prodotto proponesse qualcosa di diverso.

Dev Shah, attore commerciale di origine indiana, cresce assieme ai suoi dubbi, di puntata in puntata. È un esponente tipico di quella generazione dei millennials (i nati dopo il 1980) che è stata raccontata e parodiata in show come The Big Bang Theory o Girls, ma che sinora non è mai stata sviscerata nel punto di passaggio verso una maturità tanto ritardata da ragioni socio-economiche oggettive quanto rifuggita da paure e titubanze soggettive.

Le tematiche che Dev affronta nella vita di tutti i giorni (avere un figlio, il rapporto con i genitori e con gli anziani, il tradimento, i cliché razziali) non appaiono mai assolute agli occhi dello spettatore, ma costantemente filtrate dal suo essere un figlio di immigrati che desidera emergere in una professione precaria come la recitazione. In questo senso Master of None offre uno spettro di immedesimazione più ristretto, meno universale, in Seinfeld si descrivevano i trentenni negli Anni Novanta, degli adulti fatti e finiti, al punto che le loro evoluzioni professionali o relazionali facevano da sfondo silente ai temi degli sketch (persino la morte di Susan Ross, promessa sposa di George, non lascia alcun segno visibile, in stretto rispetto della filosofia “No hugging, no learning”).

La ricerca di se stesso, per Dev, passa anche dalla ricerca di una partner e dalla direzione intrapresa dalla loro relazione. L’iniziale incontro con Rachel è fortuito e occasionale, come spesso accade in un’epoca di rapporti usa-e-getta, e non lascia presagire nulla d’importante, la svolta avviene durante la seconda metà della stagione. Il sesto episodio, intitolato Nashville, è quello dove Dev e Rachel hanno il loro “primo appuntamento” (sono già stati a letto, ma non conta), e che ridefinisce, nel comportamento dei due, un concetto che forse avrete già sentito: i trent’anni sono i nuovi venti. I due si trovano alla perfezione quando si tratta di amoreggiare, scherzare, farsi battute anche cameratesche. Le tensioni nascono quando devono affrontare i problemi legati alla convivenza, alla lontananza e, soprattutto, al futuro.

La seconda stagione non cambia il tema principale della serie, ma inserisce delle variabili e delle complessità nel discorso generale del "Cosa voglio? Dove sto andando?". Innanzitutto la location, i primi due episodi sono stati girati integralmente in Italia, tra Modena e la Toscana. C'è molto del Bel Paese, sparso qua e là, tra le pieghe di un copione che mostra ancora sapienza di scrittura nel raccontare le storie, svariati riferimenti al nostro immaginario cinematografico e musicale, fino all'arco narrativo più importante, quello dell'innamoramento di Dev nei confronti di Francesca (Alessandra Mastronardi), appena accennato nella prima metà, per poi diventare centrale e dominante nelle puntate finali della stagione, "Amarsi un po'" e "Buona Notte".

Tra la seconda e la terza stagione sono successe un bel po' di cose. Ansari aveva già annunciato una pausa da un progetto che rischiava di diventare troppo uguale a se stesso e senza ulteriori evoluzioni. Bisognava vivere e crescere, per avere altro da scrivere. La pausa è stata ancor più lunga anche per i problemi avuti dallo showrunner, accusato di molestie collateralmente al movimento #metoo. Nulla di lontanamente riconducibile a Harvey Weinstein e soci, tanto che Netflix stessa ha difeso il suo autore, ma sicuramente un evento che deve aver segnato personalmente l'attore-regista.

Non è affatto casuale, quindi, che nella terza stagione Ansari si limiti al ruolo di regista e ad un paio di apparizioni, lasciando la scena all'amica Lena Waithe (Denise, già più volte presente nelle stagioni precedenti) e a Naomi Ackie (Alicia). Master of None diventa quindi un mini-arco narrativo di 5 episodi (Moments in Love) che racconta l'evoluzione della storia d'amore tra le due donne. Il tone of voice vira decisamente dalla commedia al dramma, lo stile è minimalista, cambi di camera rarefatti, mai più di 3 o 4 attori in scena, totale assenza di una colonna sonora, lunghe pause fatte di silenzi. E' la produzione ai tempi del COVID? Non solo, direi, è una precisa scelta stilistica. E, come già avvenuto nelle stagioni precedenti, per la maggior parte del tempo direi anche che funziona.

Master of None
Il Verdetto
La serie di Aziz Ansari riesce a raccontare, con angolazioni e spunti narrativi differenti, i millennials, i rapporti interpersonali, le aspirazioni e il dover venire a patti con la realtà e la maturità.
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Foto da Master of None

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