10 Marzo 2015

La Famiglia Addams e il musical a tutti i costi

La Famiglia Addams e il musical a tutti i costi

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Sono stato a teatro a vedere un musical, e già questo è un evento perché non sono un amante del genere; nondimeno, negli ultimi anni i maggiori successi in termini di repliche e incassi al botteghino sono stati proprio i musical, e una domanda sui gusti del pubblico dovremo porcela.

Un musical è uno spettacolo complesso, e La Famiglia Addams non è da meno. Scenografie maestose, costumi sfavillanti e coreografie bizzarre che cercano di ricreare quelle atmosfere dark gotiche che hanno caratterizzato il fumetto ideato da Charles Addams. Il problema è che poco o nulla di quel che conosciamo e apprezziamo del soggetto originale, e dall’arcinota serie televisiva Anni ’60, è sopravvissuto in questa edizione italiana.

Adattato dal mitico Stefano Benni, che ha introdotto svariati riferimenti all’attualità italiana che sembrano più che altro degli assist dovuti ai due protagonisti Elio e Geppi Cucciari, questo musical mantiene lo humour nero soltanto per le scene introduttive, dove vengono presentati i personaggi. Sebbene la storia del genere annoveri delle eccellenze (Rocky Horror Picture Show), lo show derubrica tutto la tematica di critica al conformismo borghese di cui è intrisa l’opera di Addams, spostando il focus dell’attenzione su una debole love-story in stile “Romeo e Giulietta” tra la primogenita Mercoledì e il giovane rampollo di una famiglia benestante dell’Ohio.

Il musical si dipana dunque in due atti, il primo tutto sommato abbastanza godibile, con trovate e gag simpatiche, il secondo decisamente lento, noioso e con la necessità di dare una chiusura scontata al tutto. Dimenticate la verve a tinte scure con cui avete conosciuto la simpatica famiglia, sembra più di assistere ad un rifacimento “nero” di Grease. Vi assicuro che durante le due ore e trenta di durata vi capiterà più volte di gettare l’occhio sull’orologio. Oltre a questo difetto, la sceneggiatura palesa una frammentazione nelle scene che non è giustificata da repentini e frequenti cambi di scenografia o di costume. Il sipario si chiude fin troppo spesso, senza un vero motivo.

Parlando del cast, segnalo da subito le prestazioni solide di Pierpaolo Lopatriello nei panni dello zio Fester, e di Giulia Odetto in quelli di Mercoledì. Elio è sufficiente nella performance, compensando con l’esperienza ad un copione poco interessante. Lo stesso non si può dire per Geppi Cucciari, inadeguata tecnicamente nel canto e nel ballo, e con una recitazione che poco si adatta al personaggio di Morticia. Geppi resta Geppi anche inguainata in un vestito nero, e il marcato accento sardo non aiuta. Gli attori protagonisti sovrastano comunque i personaggi che interpretano, e contribuiscono al movimento d’opinione che critica le operazioni commerciali di questo tenore, dove il musical viene reso necessario per esigenze di cassetta, anziché per esigenze artistiche.

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