Alla conquista dei dollari
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Recensione
Il film “Alla conquista dei dollari” (1937), diretto da Rowland V. Lee, è uno di quei titoli che, pur meno ricordati oggi rispetto ad altri grandi classici del periodo, rappresenta un’interessante incursione del cinema hollywoodiano nei territori dell’ambizione economica, della tensione sociale e dell’identità nazionale. Conosciuto in originale come The Toast of New York, è un’opera che unisce il melodramma biografico, il racconto d’ascesa e caduta e una certa vena satirica nei confronti del capitalismo emergente.
Trama e contesto
Il film è ispirato alla figura reale di Jim Fisk, un controverso magnate e speculatore americano dell’Ottocento. Ambientato negli anni successivi alla Guerra Civile americana, il film racconta l’ascesa economica di un ex venditore ambulante che, tra affari azzardati, manipolazioni finanziarie e colpi di scena, tenta di imporsi come uno degli uomini più potenti del mondo finanziario di Wall Street. Accanto a lui si muovono altri personaggi ispirati alla realtà, tra cui il socio Nick Boyd (interpretato da Cary Grant) e la cantante d’opera Josie Mansfield (Frances Farmer), oggetto di un triangolo sentimentale carico di tensione.
Un film sul sogno americano… distorto
Ala conquista dei dollari è un film che riflette sulle contraddizioni del sogno americano: il protagonista incarna l’uomo che si è fatto da sé, ma lo fa attraverso mezzi discutibili, azzardo finanziario, intrighi e populismo da salotto. Il risultato è un ritratto ambivalente: da un lato, l’ammirazione per l’intraprendenza e l’ambizione smisurata; dall’altro, una critica sottile all’avidità, all’arrivismo e al cinismo del potere economico.
La figura di Jim Fisk, interpretata con un misto di carisma e spavalderia da Edward Arnold, è il fulcro di questa dinamica: larger than life, teatrale, generoso ma manipolatore, viene tratteggiato non come un eroe o un villain, ma come simbolo della febbre dell’oro americana. Un personaggio che anticipa, sotto certi aspetti, i grandi protagonisti della New Hollywood legati al denaro e all’ambizione — da Il petroliere a The Wolf of Wall Street.
Regia e stile visivo
Rowland V. Lee adotta una messa in scena solida, classica, capace però di alcuni momenti visivamente potenti. Il film alterna con buon ritmo scene di interni fastosi — salotti, teatri, uffici — e spazi più affollati e caotici, come le strade e le sale di contrattazione, restituendo una New York post-bellica in piena trasformazione. Le scenografie sono curate nei dettagli, e restituiscono con credibilità l’ambiente borghese e imprenditoriale del tempo.
Particolarmente riuscita è la scena della manipolazione del mercato dell’oro, che rappresenta uno dei momenti più drammatici e simbolici del film: la Borsa impazzita, il panico tra i piccoli risparmiatori, i ricchi che diventano poveri in pochi minuti — tutto contribuisce a creare una riflessione sulle fragilità dell’economia fondata sullo speculativo.
Il cast: una triade in equilibrio
Oltre a Edward Arnold, il film può contare su una convincente performance di Frances Farmer, qui in uno dei suoi ruoli più significativi: la sua Josie è forte, moderna, consapevole, e rifiuta di essere solo un oggetto di contesa. Cary Grant, invece, appare forse meno incisivo rispetto ad altri suoi ruoli più iconici, ma porta comunque in scena con eleganza e misura un personaggio più moralmente saldo, pronto a fare da contrappeso all’irruenza di Fisk.
Temi e ricezione
Il film si muove con una certa ambiguità morale: né totalmente apologetico né apertamente critico, lascia allo spettatore il compito di giudicare. Nel 1937, in piena epoca rooseveltiana e nel mezzo della Grande Depressione, Alla conquista dei dollari si pone come una riflessione postuma e (involontariamente?) attuale sui pericoli dell’eccesso capitalistico e della deregulation finanziaria.
Nonostante la sua importanza tematica, il film non ebbe un successo memorabile, e oggi è spesso dimenticato nei percorsi critici più canonici, ma rimane un documento interessante di un’epoca, un genere e un certo modo di fare cinema “storico” con un occhio alla contemporaneità.