Blow-up
Alle volte la realtà è più strana della finzione
Scheda del Film
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Recensione
Nel 1966 due registi italiani descrissero il fenomeno socio-culturale della Swinging London: Michelangelo Antonioni in Blow-Up e…Alberto Sordi in Fumo di Londra. I risultati furono antitetici: se l’opera prima dietro la macchina da presa di Sordi non era altro che un pot-pourrì di cliché al servizio dell’istrionico attore romano, il primo vero successo internazionale di Antonioni usa lo spaccato sociale solo come divertito e divertente background del tema esistenziale che fonda la pellicola.
Scritto dallo stesso Antonioni in coppia con Tonino Guerra, Blow-up prende ispirazione dal racconto Le bave del diavolo di Julio Cortazar. Nelle mani dei sapienti sceneggiatori italiani, in realtà, rimane ben poco della trama originale: l’avance pedofila diventa un omicidio passionale, e soprattutto viene introdotto il dubbio sulla veridicità dell’evento. Dentro una immagine se ne nascondono infinite, come infiniti sono i significati che ogni osservatore può attribuire a una realtà che è sempre negli occhi di chi guarda; per rafforzare il concetto, Antonioni opera una scelta “forte”, quella di non far quasi mai coincidere lo sguardo registico con quello del protagonista, nonostante egli sia un fotografo.
Secondo film “a colori” del regista ferrarese, Blow-up si avvale di un budget da major hollywoodiana (la Metro Goldwyn Mayer) e un cast british di prim’ordine ma non abbandona un certo uso degli spazi, delle inquadrature e delle pause nei dialoghi che era tipico della “trilogia dell’incomunicabilità” in bianco e nero.