Il buono, il brutto, il cattivo
Per tre uomini la guerra civile non era un inferno... Era pratica.
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Recensione
Terzo e ultimo episodio della cosiddetta “Trilogia del dollaro”, è quello dove s’iniziano a intravedere le derive “muscolari” di Sergio Leone, in primis un minutaggio torrenziale che non sempre è garanzia di qualità e di ritmo: tutta la sequenza della distruzione del ponte non aggiunge nulla alla trama complessiva, né ai personaggi, e si poteva tranquillamente tagliare. Nella scrittura stavolta il regista romano andò in proprio, avvalendosi solo del fido Sergio Donati e tagliando i ponti sia con Age&Scarpelli, che erano stati ingaggiati per una specie di “linea comica”, sia soprattutto con Luciano Vincenzoni che aveva sceneggiato Per qualche dollaro in più e che al progetto lasciò solo l’idea del titolo finale (l’originale doveva essere “I due magnifici straccioni”, non proprio un gran titolo…).
Ennesima declinazione leoniana della riflessione sull’avidità, il film è abilmente giocato sui suoi tre protagonisti, che nella somma rappresentano l’intero spettro del carattere del regista: il cauto e silenzioso Biondo, il gelido professionista senza scrupoli Sentenza e il viscerale, simpatico vagabondo Tuco. La prova attoriale più notevole è proprio quella della new entry Eli Wallach, che si aggiunge a Clint Eastwood e Lee Van Cleef. E’ il personaggio del Tuco che muove la maggior parte dei fili della trama, e funge da collante con gli altri due. Non a caso, Eastwood traccheggiò parecchio per avere quel ruolo (per cui non era ovviamente adatto, a differenza dell’espressivo Wallach).
Leone si distanzia dagli altri film, totalmente privi di collocazione storica, e in questo inserisce la Guerra Civile Americana, con un ruolo preminente per l’avanzamento della trama. Il regista è molto critico con il concetto della guerra, e non lesina battute dei suoi protagonisti per farla apparire come una soluzione stupida. In fondo Biondo, Tuco e Sentenza si ammazzano per 200mila dollari, i soldati per cosa (e per chi?) lo fanno? Evocativo e suggestivo come gli altri, esteticamente coerente anche se con mezzi superiori che lo rendono visivamente più appagante, il film si avvale ancora della collaborazione di Ennio Morricone, che forse qui firma la sua migliore colonna sonora puramente western, un’evoluzione di quelle più minimaliste dei primi due capitoli, ma non ancora di ampio respiro come sarà quella di C’era una volta il West.