Il diario di Bridget Jones
Per tutte quelle che sono corteggiate, illuse... e poi mollate
Scheda del Film
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Recensione
Se esistesse un premio Oscar per il miglior casting (e dovrebbe esistere, altroché, li elargiscono alle categorie più assurde…), questo film lo avrebbe probabilmente vinto, o sarebbe stato una nomination certa. Non un attore fuori ruolo, e se qualcuno puntasse il dito sulla nazionalità di Renée Zellweger, gli risponderei “Ti sei veramente accorto che non è inglese?”
Diciamo la verità, Il diario di Bridget Jones è un film di attori proprio perché il cast è migliore dello script, ovvero dell’adattamento del romanzo di Helen Fielding: quel che funzionava su carta, in prima persona, su schermo e con una voce narrante funziona meno. Badate bene, non sto affermando che non si ride, la pellicola è ricca di scene divertenti, ma nello sviluppo della trama la qualità oscilla pericolosamente come il peso della protagonista. Il triangolo amoroso, di per sé, è abbastanza moscio e prevedibile. Bello invece il commento sonoro, la scelta delle canzoni contemporanee è molto azzeccata e aiuta a rendere memorabili i momenti più significativi del film.
La buona Bridget ha avuto anche la sfiga, oltre di avere ben due sequel dimenticabili, d’invecchiare maluccio come personaggio: nel 2001 era sicuramente qualcosa di disruptive, non una proto-femminista ma comunque un tipo di donna (trentenne, single, lavoratrice) che non godeva di alcuna rappresentazione meritoria, ad eccezione, e solo Oltreoceano, di Sex and the City. Dopo oltre vent’anni, passati in rassegna con una serie di protagonista femminili forti su piccolo (soprattutto) e grande schermo, il suo Diario ci sembra molto meno interessante.