Inside Out 2
Fai spazio a nuove emozioni.
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Recensione
Se Inside Out aveva un problema, nasceva dalla nozione profondamente americana secondo cui tutta la vita, per quanto caotica, può essere categorizzata, ordinata e costretta a obbedire a un sistema. Potresti, ad esempio, ridurre gli elementi della psiche umana a personaggi doppiati da artisti del calibro di Amy Poehler e Phyllis Smith. Questo tipo di pensiero li ha portati sulla luna.
C’è di più in questo bel seguito, ma Inside Out 2 riguarda in gran parte anche la rottura di tale ordine. Cos’altro se non la pubertà potrebbe scuotere così tanto gli abitanti della testa della giovane Riley? La protagonista del primo film ha appena compiuto 13 anni e, quando la incontriamo, sta andando ad un camp estivo di hockey sul ghiaccio. (Un bel modo di combattere il caldo…)
C’è, come nel primo film, una profonda tristezza nel cuore di Inside Out 2. Le nuove emozioni scacciano le vecchie, mentre guardiamo Riley cercare di allisciarsi la leader del Liceo e palesare distacco dalle sue vecchie amiche. La tesi è che gli anni dell’adolescenza (e forse tutta l’età adulta) sono governati da ansia, invidia, imbarazzo e noia.
Ci sono conclusioni anche più “pesanti”. Mentre le vecchie emozioni intraprendono un viaggio di ritorno dall’oblio, Gioia giunge a una triste conclusione. “Forse è questo che succede quando cresci”, dice. “Provi meno gioia.” C’è, quindi, una tacita accettazione del fatto che l’età adulta sia un pantano di paludoso malcontento.
Prima del finale consolatorio, ci troviamo di fronte ad una burocrazia eccessivamente determinata e a più di qualche battuta compensativa. Sia il “senso di sé” che il “sistema di credenze” hanno qui un correlativo fisico: il primo è un ornamento appuntito, il secondo una serie di circuiti interconnessi. Meglio (perché è più divertente) è un letterale “flusso di coscienza” e un altrettanto letterale abisso spalancato che sostituisce il sarcasmo. Il team Pixar è straordinariamente a suo agio nell’autoconsapevolezza. Dopo un periodo di alti e bassi, può almeno vantarsi di aver dato un degno seguito a uno dei classici recenti.