Ambientato a Yokohama nel 1963, La collina dei papaveri è una storia d’amore i cui personaggi sono studenti delle scuole superiori chiamati ad essere la “prima generazione” di un “Nuovo Giappone”. Dal momento che il Paese comincia ad uscire dalla devastazione causata dalla Seconda Guerra Mondiale, la nuova generazione lotta per costruire un futuro migliore, cercando però di non perdere i legami col passato che li ha resi ciò che sono oggi.
Non dev'essere facile essere Goro Miyazaki. Integro: non deve essere facile essere Goro Miyazaki, se hai deciso di fare lo stesso mestiere di tuo padre.
La carriera del regista giapponese sembra essersi arenata, lontano dall'ala paterna. Finché Hayao era attivo e coinvolto nei progetti (soprattutto la sceneggiatura) le cose non andavano affatto male, come in questo La Collina dei papaveri.
Certo, si tratta di una trasposizione di un manga del 1980 che racconta una storia molto legata alla generazione post-bellica di giovani giapponesi che in pratica rifondò il Paese: la generazione del padre, appunto, che ha adattato magnificamente il fumetto relegando il buon Goro alla firma della regia, con alle spalle tutta la "macchina da guerra" dello Studio Ghibli. Un lavoro non impossibile da portare a termine con successo, e che infatti ci regala un'opera misurata ma non per questo distaccata nel rendere l'intensità di memoria, rivoluzione e tradizione, i valori fondanti del Giappone.
La collina dei papaveri
Il Verdetto
"La collina dei papaveri" è un delicato e accurato affresco storico del Giappone Anni Sessanta orchestrato in una commedia adolescenziale non originalissima ma piacevole.