Matrix
Credete all'incredibile.
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Recensione
Gli anni Novanta negli Stati Uniti erano trascorsi in una tranquilla prosperità, al punto tale che il mondo del Cinema iniziò a porsi la domanda: e se tutta questa (noiosa) normalità celasse qualcosa di ben più tragico e preoccupante? Ecco che nel 1999 arrivarono sul grande schermo molte sceneggiature incentrate sulla dicotomia tra persone comuni e vite segrete incredibili: Fight Club, Essere John Malkovich, Il Sesto Senso, American Beauty e, per l’appunto, Matrix.
Il lavoro di scrittura compiuto dai fratelli (ora sorelle) Wachowski fu clamoroso. Prendere il concetto di Internet (la Rete), che all’epoca era ancora semi-sconosciuto e “di frontiera”, e utilizzarlo come piattaforma per un’acuta riflessione tra realtà e finzione. La connessione tra il Reale del 1999 di Matrix e quello del mondo futuristico dominato dalle Macchine è data dall’apparecchio telefonico, guarda caso (all’epoca) lo strumento principale di connessione Internet. Fino all’uscita di Matrix l’immaginario della Fantascienza era sempre stato descritto da astronavi, viaggi stellari, intelligenze artificiali. Tutti elementi che in realtà esistono anche in Matrix, ma sono sotterranei, soprattutto ignorando i mediocri sequel che questa saga ha generato. Matrix è in realtà una semplificazione lucida ed efficace del Cartesianesimo, che avanza la teoria della percezione della realtà come fonte di falsità e illusione.
Ma la rivoluzione delle Wachowski non è stata solo concettuale. Matrix ha introdotto una serie di novità visive e di messa in scena che hanno segnato un’epoca e le successive. Non a caso fece incetta di tutti gli Oscar tecnici (effetti speciali, montaggio, sonoro, montaggio sonoro). Le Wachowski seppero abbinare un’estetica dark futurista ad un gusto del tutto orientale del cinema d’azione. Il famigerato bullet time non lo hanno inventato loro, ma lo hanno reso grande. Come tante altre cose.
