The Beanie Bubble – Inflazione da peluche
Chi trova un pupazzo trova un tesoro
Scheda del Film
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Recensione
Avete notato che ultimamente escono sempre più film su prodotti, in particolare giocattoli? E’ la nuova ramificazione della nostalgia, e dopo Barbie ci sarà persino Polly Pocket.
Pur trattando una celebre collezione di peluche degli Anni ’90, The Beanie Bubble non è un’operazione di rebranding, bensì l’ennesima corporate biopic che racconta una bolla di fanatismo generata dal turbo-capitalismo americano.
Prendendo ispirazione dal libro The Great Beanie Baby Bubble: Mass Delusion and the Dark Side of Cute di Zac Bissonnette, la regista-sceneggiatrice Kristin Gore minimizza la descrizione della nascita, la crescita e l’esplosione della “bolla”, concentrando il focus della pellicola sul rapporto tra il controverso imprenditore Ty Warner e le tre donne che più avrebbero contribuito all’ascesa della sua azienda di giocattoli.
L’intento è abbastanza chiaro: scegliere una figura imprenditoriale piuttosto discutibile per raccontare le donne che erano al suo fianco (o, meglio, un passo dietro) e che sarebbero state defraudate dei loro meriti. Un Big Eyes molto meno ispirato, quindi: non c’è alcun interesse nel raccontare la storia dell’impresa, e lo si evince subito perché il film dribbla continuamente la linearità storica. Non c’è alcun interesse a raccontare le vere storie della vita privata di Warner, e lo si evince dal fatto che i nomi delle tre donne sono stati cambiati: si capisce a quali eventi della vita reale sono ispirate, ma si è andati così lontano dalla biografia da evitare problemi legali.
Il risultato è abbastanza fiacco e scontato, ed è un peccato. Il cast è assolutamente meritorio: Zach Galifianakis manda in scena tutte le luci e le ombre di Warner, e le tre co-star (Elizabeth Banks, Sarah Snook e Geraldine Viswanathan) interpretano alla perfezione delle donne autodeterminate che si meritano il meglio dalla vita. Lontano da Ty.
