1386. Dopo essere tornato dalla guerra, il cavaliere Jean de Carrouges (Matt Damon) scopre che sua moglie Marguerite (Jodie Comer) è stata violentata dallo scudiero e suo amico Jacques Le Gris (Adam Driver). Essendo al tempo la testimonianza della donna troppo debole, la vittima dello stupro non viene creduta durante il processo e accusata di dire falsità. È così che Jean per difendere l'onore di sua moglie decide di sfidare a duello Jacques, seguendo il principio del "Deus Vult", ovvero il sopravvissuto per volontà divina avrebbe vinto la contesa. Solo uno tra i due potrà quindi sopravvivere a quello che è stato l'ultimo duello giudiziario nella storia francese...
Cosa ci può essere di attuale in un dramma storico medievale? Forse nulla, forse tutto, se il tema è quello della misoginia e del patriarcato.
Eppure Matt Damon e Ben Affleck, sceneggiatori assieme a Nicole Holofcener, non hanno dovuto forzare troppo la mano nel creare una situazione simbolica che potesse smuovere certe corde e stati d'animo.
Il "caso" c'era già, storico e reale, di recente rielaborato in forma romanzata da Eric Jager. La disputa tra Jean de Carrouges e Jacques Le Gris è sopravvissuta al passare dei secoli ed è giunta fino alla nostra epoca non solo perché si è trattato dell'ultimo "duello di Dio" della Storia, ma perché per la prima volta, in una certa misura, venivano accolte delle istanze femminili. Nulla di così rivoluzionario, per carità (era pur sempre il 1386), ma tenendo conto che di solito un marito uccideva la moglie stuprata per lavare l'onta, il comportamento del personaggio interpretato da Matt Damon è inedito.
La costruzione della trama è orizzontale, le vicende vengono narrate secondo le versioni delle tre persone coinvolte, i due uomini e Marguerite de Carrouges (Jodie Comer), che sfociano poi in un unico epilogo (il duello); per quanto ci siano delle discrepanze e delle sfumature fondamentali nei tre racconti, gli episodi che li vedono in scena sono pressoché gli stessi (anche il girato!), e concorrono ad accrescere un minutaggio che, come spesso accade, è eccessivo. La triplice voce aiuta a farsi un'idea più equilibrata della vicenda, ed ecco che Jean non è poi questo proto-femminista come sembrava nella sua versione, ma è preoccupato principalmente del proprio onore, facendo leva sulla moglie per rivalersi sull'ex-amico divenuto rivale; Marguerite esce dal proprio racconto come un personaggio più tridimensionale della classica donna medievale succube, stretta tra obblighi e limitazioni dell'epoca, una suocera invadente, l'esigenza di procreare e false amiche che, nel momento del bisogno, si rivelano ancelle del patriarcato.
E' interessante annotare il lavoro fatto da Adam Driver su Le Gris, probabilmente il più romanzato e "riscritto" dei personaggi, che manifesta non solo una doppiezza nei confronti dell'amico Jean, ma anche una tipica predisposizione del genere maschile nei confronti delle donne: la presunzione del consenso. L'uomo è talmente convinto di essere innamorato di Marguerite, e di essere ricambiato, da assemblare una ricostruzione degli eventi del tutto autoassolutoria, che è possibile vedere nel secondo capitolo del film. Qui il lavoro narrativo è sottile: da un lato ascoltiamo le parole suadenti di Le Gris, dall'altro assistiamo visivamente, nei fatti, ad uno stupro.
L'orgoglio di Le Gris è pari e opposto a quello di de Carrouges; da un lato uno è interessato a rivendicare i torti subiti dal Re e dal cugino, il conte Pierre (Affleck), e in secundis, a riscattare la rispettabilità della moglie; dall'altro lo scudiero del conte è deciso a dimostrare un amore che esiste solo nella sua immaginazione. In questa battaglia di ego smisurati, nessuno dei due è disposto a fare un passo indietro; entrambi potrebbero cercare una soluzione giuridica meno estrema, entrambi rifuggono ogni compromesso.
Il rapporto tra Ridley Scott e il genere storico ha prodotto, negli anni, risultati altalenanti. The Last Duel appartiene ai film, che seppur non perfetti, possono essere categorizzati come "riusciti".
The Last Duel
Il Verdetto
La critica alla misoginia sistemica di The Last Duel non è così efficace come avrebbe potuto essere, ma rimane un dramma storico ben recitato e stimolante, infuso di grandezza epica.