Tonya Harding è una pattinatrice artistica su ghiaccio che, nonostante le difficoltà, riesce ad affermarsi a livello internazionale. La sua vita però nel 1994 è segnata dall'aggressione alla rivale Nancy Kerrigan, dando vita a uno degli scandali più assurdi e tragici della storia del pattinaggio e dei giochi olimpici.
Ricordo vividamente il caso Harding-Kerrigan ai giochi olimpici di Lillehammer del 1994. Ero già un adolescente, d'altronde, ed appassionato dei grandi eventi sportivi. Le lacrime, la tensione, le accuse, i flash dei fotografi. Tanti flash, tanta attenzione dei media, soprattutto quelli statunitensi, ovviamente. Poi, il lungo silenzio. Quel potere, tipico della stampa, di creare o distruggere i personaggi a suo piacimento ed esigenza. Alzare ed abbassare il sipario, finché serve, finché si ha (o si crea) una storia.
Tonya Harding è tuttora un personaggio controverso perché si muove al confine tra una colpevolezza mai del tutto provata e una schiettezza che è tale più nei modi sgradevoli che nelle verità contraddittorie che periodicamente elargisce nelle uscite pubbliche, tra gli errori commessi nelle sue relazioni personali e professionali e l'ipotesi di aver ricevuto punizioni ben più esemplari del meritato.
Un grande pregio di questa pellicola diretta da Craig Gillespie sta nel non voler realizzare il classico film biografico apologetico; le interviste condotte con i vari protagonisti delle vicende (la Harding, l'ex-marito, la madre, la guardia del corpo...) erano troppo contrastanti per permetterlo. Tonya è dunque un film fondato sulla duplicità della verità, su come possa essere mutevole a seconda di chi la racconta. E' un film che appassiona, emoziona, fa sorridere e fa commuovere. Certo, si finisce fisiologicamente empatizzando con la protagonista, per tutto quello che avrebbe subito e sopportato nel corso degli anni, fin dalla più tenera età, ma i suoi difetti ed errori restano lì, davanti agli occhi dello spettatore, pronti ad essere utilizzati per accusarla. Tonya Harding si ama o si odia, e poco importa se la sua vita sia in fondo racchiusa in una lunga premessa e in un triste epilogo attorno al famoso "incidente": il focus, anche nel film, restano quelle poche settimane del 1994, quelle per cui viene ricordata, quelle che hanno giustificato la produzione di questa ottima pellicola.
Tonya Harding è tuttora un personaggio controverso perché si muove al confine tra una colpevolezza mai del tutto provata e una schiettezza che è tale più nei modi sgradevoli che nelle verità contraddittorie che periodicamente elargisce nelle uscite pubbliche, tra gli errori commessi nelle sue relazioni personali e professionali e l'ipotesi di aver ricevuto punizioni ben più esemplari del meritato.
Tonya è un film molto rigoroso, nella riproduzione dei passaggi eseguiti durante le gare, nella simulazione della fotografia d'epoca così come nella forte somiglianza tra i personaggi ed i loro alter-ego nel mondo reale. La meno somigliante è proprio Margot Robbie, faticosamente imbruttita per il ruolo, ma comunque coinvolta in una prova d'attrice di altissimo livello. Nel cast, meglio di lei forse solo Allison Janney che interpreta LaVona Harding; in tutte le scene che la riguardano attira l'attenzione e si porta a casa un meritato Oscar per la miglior attrice non protagonista. Da applausi anche la colonna sonora, che raggruppa alcuni classici pop anni '70-'80 (Gloria di Laura Branigan, Barracuda delle Heart e Goodbye Stranger dei SuperTramp, ad esempio) e li piega felicemente al contesto narrativo.
Un film da vedere, per ricordare almeno una volta gli anni '90 (senza alcuna nostalgia) e l'inizio della "moda" dei carrozzoni mediatici.
Tonya
Il Verdetto
Guidato dal grande lavoro di Margot Robbie e Alison Janney, Tonya trova l'umorismo nella sua storia di vita reale senza perdere di vista gli elementi più tragici ed emotivamente risonanti.