Genere: Romanzo
Autore: José Saramago
Editore: Feltrinelli
Uscita italiana: 1996
Formato: Tascabile
Sinossi: In un tempo e un luogo non precisati, all'improvviso l'intera popolazione diventa cieca per un'inspiegabile epidemia. Chi è colpito da questo male si trova come avvolto in una nube lattiginosa e non ci vede più. Le reazioni psicologiche degli anonimi protagonisti sono devastanti, con un'esplosione di terrore e violenza, e gli effetti di questa misteriosa patologia sulla convivenza sociale risulteranno drammatici. I primi colpiti dal male vengono infatti rinchiusi in un ex manicomio per la paura del contagio e l'insensibilità altrui, e qui si manifesta tutto l'orrore di cui l'uomo sa essere capace. Nel suo racconto fantastico, Saramago disegna la grande metafora di un'umanità bestiale e feroce, incapace di vedere e distinguere le cose su una base di razionalità, artefice di abbrutimento, violenza, degradazione. Ne deriva un romanzo di valenza universale sull'indifferenza e l'egoismo, sul potere e la sopraffazione, sulla guerra di tutti contro tutti, una dura denuncia del buio della ragione, con un catartico spiraglio di luce e salvezza.
Ho avuto un rapporto strano, quasi postumo, con l'opera di José Saramago. Il risultato di questo rapporto, tra le altre cose, è che ho letto prima Saggio sulla lucidità di Cecità.
In un certo senso, quindi, sapevo cos'aspettarmi. Ma non è proprio così. Cecità non è un libro che si legge più di una volta, soprattutto dopo essere usciti (?) da una pandemia nella vita reale. È un'immersione soffocante nei difetti della natura umana. È il caos. Le persone vengono messe in quarantena con la forza nel tentativo del governo di contrastare la (nuova) peste. Nascono nuove forme di relazioni e connessioni umane. Quando c'è la crisi, si dice che si possa riconoscere la vera natura di qualcuno. Ci sono pochi eroi in questo libro, solo crudo dolore emotivo.