13 Gennaio 2016

Amori e disamori di Nathaniel P.

Amori e disamori di Nathaniel P.

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Non ho molto tempo per seguire la stretta attualità editoriale, per questo motivo quando devo scegliere cosa leggere tra le nuove uscite, mi affido alle classifiche che varie riviste e siti specializzati stilano. Si tratta di raccolte di opinioni di redattori e addetti ai lavori, e sebbene non andrebbero presi assolutamente come oro colato (sono pur sempre gusti personali), rappresentano un buon punto di riferimento da cui partire.

Ecco, se c’è un libro che negli ultimi due anni è finito in una marea di classifiche, quello è “Amori e disamori di Nathaniel P.”, di Adelle Waldman, che ho pertanto deciso di leggere durante queste vacanze natalizie.

Il Plot – Nathaniel Piven (Nate per gli amici) è un thirty-something di New York, collabora con varie riviste di cultura e costume per le quali scrive recensioni, ha un libro in uscita per il quale ha ricevuto un cospicuo assegno, ma soprattutto si divide tra varie relazioni con altrettanti esemplari della fauna femminile della Grande Mela, anche loro impegnate nell’ambiente editoriale contornato da brunch, locali trendy, aperitivi e reading. Tutto qui? Più o meno sì, il nostro protagonista troverà la (apparente) sistemazione con una di loro dopo un lungo tira e molla e svariate elucubrazioni con il suo ego sproporzionato.

La Riflessione – Eppure questo romanzo apparentemente innocuo mi ha dato da pensare. In un’epoca in cui molti progetti narrativi sono trasversali a differenti media (serie tv, cinema, fumetti, videogame, libri, addirittura giochi di ruolo), in un’epoca in cui la battaglia per l’attenzione vede spesso le opere letterarie come vittime sacrificali, ha senso che un’opera del genere, una probabile ottima sceneggiatura per una serie TV alla Girls o Sex and The City, veda la luce nella veste narrativa più tradizionale?

Sarò io ad essere snob, ad aspettarmi sempre qualcosa di più da un libro, ma perché dovrei perdere del tempo a leggere trecento pagine di radical-chic newyorchesi (incredibilmente lui vive a Brooklyn, per il resto i cliché ci sono tutti) che passano il tempo a sbronzarsi, scopare e a misurare chi è più intelligente, talentuoso e di successo? Oltretutto, in questa orgia di personaggi che spuntano a ogni nuova festa o cena, molti restano piatti e inutili sullo sfondo (basti pensare a tutti gli amici uomini del protagonista). In una trasposizione serializzata avrebbero avuto più spazio a disposizione. Il focus assoluto resta la psicologia del protagonista, che oscilla pericolosamente tra la realtà di molti uomini (apparentemente femministi, ma che in realtà giudicano le donne) e quel che le donne pensano di molti uomini. Se uno dei compiti (o dei valori aggiunti) della letteratura è l’immedesimazione del lettore, sono rimasto più convinto dall’evoluzione delle varie relazioni descritte, e decisamente coinvolto da quel senso di eterna insoddisfazione che è tipico di questa fascia d’età.

Non fraintendetemi, l’esordio della Waldman è un romanzo ben scritto, tecnicamente riuscito e senza particolari pecche, che si lascia leggere e indubbiamente intrattiene, pur non azzittendo quella domanda che continua a passarmi per la testa: ce n’era veramente bisogno?

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