Genere: Drammatico, Poliziesco
Showrunner: David Simon
Cast: Dominic West, Sonja Sohn, Clarke Peters, Idris Elba, Lance Reddick, Michael Kenneth Williams
Stagioni: 5
Episodi: 50
Durata media: 60 minuti
Sinossi: La trama dell’opera è basata sulla lotta tra una speciale unità di polizia e una potente banda che controlla il traffico di stupefacenti. La particolarità e l’innovazione della serie sta, oltre che nell’accurato realismo dei personaggi, siano essi poliziotti o membri delle gang, nel narrare passo dopo passo l’indagine di polizia, dalla nascita all’evolversi fino alla conclusione.
Dove vedere “The Wire” in streaming
Nel 2021 la BBC ha condotto un sondaggio esteso a oltre 200 giornalisti ed esperti di TV di tutto il mondo su quale fosse (finora) la migliore serie TV del ventunesimo secolo. Oltre a tanti nomi leggendari e prevedibili (Mad Men, Breaking Bad…), la sorpresa è che il primo posto è stato affibbiato a The Wire. Una serie che nel corso degli anni ha raggiunto lo status di cult, ma che all’epoca della messa in onda non ha avuto un grandissimo successo, né di pubblico, né di critica (appena due nomination agli Emmy, senza vincerlo).
Eppure lo status di cult della serie creata da David Simon pare ancora in crescita ad oggi, ben vent’anni dopo la prima messa in onda. Di solito, molto più di un film, un prodotto seriale è strettamente figlio del suo tempo e quindi tende fisiologicamente ad “invecchiare male”, ma The Wire tratta temi talmente universali e con una scrittura di qualità talmente elevata da portarsi bene gli anni che ha, e rendere abbastanza impietoso il confronto con i prodotti attuali, serie “mangia e fuggi” pronte ad essere dimenticate dopo il binge. Insomma, se volevate una conferma che “l’età dell’oro” delle serie televisive è finita da un pezzo, basta guardarvi The Wire.
L’incredibile lavoro di sceneggiatura di Simon e soci (tra gli altri vanno citati Ed Burns e George Pelecanos) dà i suoi risultati sul medio-lungo termine. The Wire è una serie focalizzata su due specifici gruppi sociali della città di Baltimora, tra di loro contrapposti: gli spacciatori e i poliziotti. Tuttavia il discorso diviene lentamente sempre più di ampio respiro, andando a toccare tutti gli strati sociali, dalla testa (il sindaco e tutta la classe politica) fino ai livelli più umili (i senzatetto), passando per i media, e tracciando tutta la filiera della criminalità (memorabile la seconda stagione incentrata sui lavoratori portuali). Simon può vantare un’esperienza sul campo insuperabile, essendo stato reporter del Baltimore Sun e avendo poi avuto la possibilità di conoscere il dipartimento di polizia dall’interno, esperienza che ha condensato nei libri Homicide: A Year on the Killing Streets (sulla sezione Omicidi) e The Corner (sulla sezione antidroga).
Un’opera del genere non può fare a meno di avere un cast corale, e The Wire piazza personaggi importanti in ogni strato sociale, prendendosi il lusso di mandare nelle retrovie quello che finora era stato il protagonista designato, il detective Jim McNulty (Dominic West), per un’intera stagione. D’altronde nella serie il quadro generale viene sempre prima dei singoli archi narrativi, ovvero quest’ultimi sono finalizzati, anzi incastrati per disegnarlo. La sceneggiatura dà forma a un quadro sociopolitico articolato con un approccio realistico piuttosto credibile, teorizzando l’immutabilità della scala sociale, l’intrinseca iniquità e corruttibilità del potere. Ogni stagione risolve l’arco narrativo principale in una zona di grigio, dove non sono sempre i “buoni” (tra l’altro concetto molto relativo, in The Wire) ad aver avuto la meglio, anzi.
Non staremmo parlando di una delle migliori serie di sempre, comunque, se le caratterizzazioni dei singoli personaggi non fossero anch’esse di rilievo. Il bello di The Wire è che ognuno ha il suo arco narrativo, piccolo o grande che esso sia, e nessuno viene dimenticato dagli autori e lasciato appeso. Alcuni possono “sparire” da un momento all’altro e magari riemergere nelle stagioni successive. Pur considerando la democraticità del copione, con tante scene condivise e spazio per tutti, non si può negare che alcuni personaggi restino più impressi e facciano parte dell’immaginario collettivo. Oltre al già citato McNulty, un detective estremamente capace ma ossessionato in una maniera autodistruttiva dal lavoro e dai suoi vizi, personalmente sono stato colpito da almeno altri due “al di là della barricata”. Il primo è Omar Little (Michael K Edwards), il giustiziere della Baltimora Ovest, colui che ruba denaro e coca alle gang degli spacciatori.
L’altro è Stringer Bell (Idris Elba), un vero personaggio shakespeariano e centrale nel definire in atto il tema della serie: uno che proviene dai vicoli e che ha scalato le gerarchie della gang Barksdale, che viene trattato dal leader Avon come uno di famiglia, come un fratello. Stringer però vuole altro, non vuole restare un gangster di strada e non esita a tradire i suoi pari per raggiungere il suo vero scopo, ovvero emanciparsi dall’illegalità e diventare un uomo d’affari legittimo. Il tutto sfocia in questo intenso confronto con Avon nel finale della terza stagione.
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