16 Marzo 2023

Tulsa King

Tulsa King

Genere: Poliziesco|Drammatico

Showrunner: Taylor Sheridan

Cast: Sylvester Stallone, Andrea Savage, Domenick Lombardozzi

Stagioni: 1

Episodi: 9

Durata media: 40 minuti

Sinossi: Tulsa King segue il capo della mafia newyorkese Dwight “Il Generale” Manfredi, appena uscito di prigione dopo 25 anni ed esiliato a Tulsa, in Oklahoma. Rendendosi conto che la sua famiglia mafiosa potrebbe non avere in mente i suoi interessi, Dwight costruisce lentamente una “banda” composta da un gruppo di personaggi improbabili, per aiutarlo a stabilire un nuovo impero criminale.

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Recensione

Gli anni passano per tutti, anche per i divi “di prima fascia” come Sylvester Stallone che, come molti altri colleghi, è dovuto venire a patti con i prodotti seriali. La “macchina da serial” Taylor Sheridan (1883, 1923, Yellowstone…) ha ben pensato di aggiungere Sly al suo CV di leggende del grande schermo cooptate in produzioni televisive, ed ecco che durante la pandemia è partito il progetto di Tulsa King.

Cos’è Tulsa King? Partiamo dal presupposto che non ci prova mai ad essere un drama tipo I Soprano; soprattutto nelle puntate iniziali indugia sul comedy e chiede allo spettatore una notevole sospensione d’incredulità. Il problema centrale della serie è proprio nel suo protagonista, ovvero nel fatto che quel ruolo sia stato affidato a Stallone, attore con più di quarant’anni di ruoli più o meno complessi, ma sempre nitidamente “positivi”.

Chi è Dwight Manfredi? Non è certo Walter White; fin da principio sappiamo che è un boss della Mafia newyorchese, uno che è appena uscito dal carcere dopo aver scontato 25 anni di pena. Non è un Santo, ma non è neanche un “cattivo” tout-court, ed è evidente che la presenza di Stallone lo faccia virare di default più verso un “lato buono” percepito, anche quando gli atti in sé dovrebbero sconfessarlo. Tutte le azioni del “Generale” vengono infarcite dal sottotesto morale che lui è un uomo di famiglia, è un piezzè e core. Non c’è arco di redenzione, perché egli di fondo continua a delinquere, ma lo fa in maniera “simpatica”, con quel tono gigioneggiante garantito dal carisma stalloniano.

Questo approccio al personaggio, pieno di compromessi, finisce per sabotare la credibilità di tutte le relazioni importanti che il protagonista instaura nel corso della serie: innanzitutto quella con la figlia Tina, che lo odia per la sua assenza (forzata) oltre che per l’ovvio fatto che è un criminale, con cui trova un improbabile modo di riconciliarsi (no spoiler); poi la relazione sentimentale che intrattiene con l’agente dell’ATF Stacy Beale, che scopre subito il suo CV ma che continua a frequentarlo; infine il rapporto con Bodhi (il proprietario del tobacco shop), a cui impone una “protezione” di cui non aveva alcun bisogno ma che gli resta fedele. Questa scrittura “con l’accetta” si riverbera anche nella definizione dei villain, Chickie Invernizzi (il mitico Domenick Lombardozzi di The Wire) e il capo dei biker Waltrip, entrambi macchiettistici e poco interessanti.

Insomma, sembra evidente che la maggior parte del budget sia stato investito per ingaggiare Stallone e non per la scrittura. Non mi aspetto miracoli per le eventuali stagioni successive (la seconda già confermata).

Trailer

Tulsa King
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Il Verdetto
Tulsa King è una serie molto easy che potete vedere se non avete voglia di pensare troppo e se vi fa piacere la presenza carismatica di Stallone.
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5.5

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