26 Aprile 2018

Il Sequestro

Il Sequestro

il sequestro teatro trastevere

La scelta stilistica di limitare personaggi, location e tempo di svolgimento, in un’opera teatrale, è sempre coraggiosa perché espone l’autore e gli attori nel mettere in gioco la bontà delle rispettive performance. Se il meccanismo funziona, infatti, lo spettatore è coinvolto e l’efficacia di dialoghi e azioni viene esacerbata; al tempo stesso, se qualcosa s’inceppa, non vi è diversivo o intermezzo a celare o annacquare l’impressione negativa.

Per fortuna, non è questo il caso de “Il sequestro”, di Federico Maria Giansanti, andato in scena al Teatro Trastevere. Si tratta di una commedia grottesca, terzo episodio di un’ideale trilogia (“La rapina” e “La fuga” i primi due) dove l’autore/regista si assegna il non facile compito di costruire, da una tipica situazione noir di “stallo alla messicana”, numerose gag comiche.

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Protagonisti sono Mario (Luca Cesa) e Dario (Gianluca Bottoni), due corrieri rei di aver smarrito un’importante partita di droga. I due decidono di rapire Mary (Adriana Serrapica), la figlia del sindaco di una cittadina vicino Roma con l’intento di ottenere un riscatto tanto alto da poter risanare il debito automaticamente contratto con i boss della malavita romana. Mario e Dario si troveranno alle prese con l’attesa per il riscatto, ovvero un lento passare del tempo che contribuisce solamente ad aumentare lo stato d’ansia in cui già si trovano, con Mary, una ragazza viziata che non sa stare “zitta e ferma” come richiesto e con il braccio destro del sindaco (Mark Proietti), un uomo misterioso a cui è stato affidato il compito di risolvere la situazione, ovvero salvare Mary a tutti i costi.

Location unica (il magazzino luogo del sequestro), pochi personaggi (quattro, e solo nella seconda parte tutti assieme in scena), una drammatica empasse da risolvere. I ritmi de “Il sequestro” sono incalzanti come le battute e le risate in sala. L’alchimia tra gli attori è evidente, la recitazione è buona, spontanea e volutamente parodistica quando serve. Tutto si conclude in un’oretta, tempo fisiologico e corretto viste le premesse. Forse solo la risoluzione vera e propria dello stallo (e il finale) meritano ancora qualche aggiustamento. Ma si tratta di dettagli.

(Foto di Francesca Minonne)

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