18 Aprile 2024

Studio 60 on the Sunset Strip

Studio 60 on the Sunset Strip
Showrunner:
Stagioni:
1
Episodi:
22
Durata media episodi:
43

Sinossi: Nel dietro le quinte di un programma televisivo notturno, la dirigente addetta all’intrattenimento, Jordan McDeere, dopo una disastrosa diretta chiama l’autore Matt Albie e il produttore esecutivo Danny Tripp per risollevare le sorti del programma e salvare lo show.

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Recensione

Nel 2006 la NBC lanciò un’operazione che vedeva il ritorno di Aaron Sorkin, Bradley Whitford e molti altri della gang di West Wing alle prese con un meta-show chiamato Studio 60 on the Sunset Strip. Lo show aveva tra i protagonisti, oltre a Whitford, anche quel Matthew Perry reduce da Friends che “non sapeva ancora cosa fare da grande” (avremmo poi scoperto tutti i suoi problemi personali che l’avrebbero portato ad una fine prematura).

Le cose non andarono bene, la serie non fu rinnovata alla fine della prima stagione, la NBC pensò (giustamente) di portare avanti soltanto l’altro meta-show comico che aveva lanciato lo stesso anno: 30 Rock. Qui passerò in rassegna i motivi per cui Studio 60, che aveva una vagonata di ottime premesse, fallì miseramente passando alla storia come uno show che “si prendeva troppo sul serio”. La cosa bella (o brutta, dipende se siete dei fan del celebre regista-sceneggiatore) è che sono quasi tutti dei difetti di scrittura, incredibile vederli associati ad una figura come quella di Sorkin.

1 – Protagonisti divisi: a Sorkin è sempre stato riconosciuti di essere dannatamente straordinario nel (de)scrivere l’amicizia maschile. Peter Krause e Josh Charles erano il cuore e l’anima di Sports Night (la prima serie di Sorkin), e Sorkin è stato intelligente nel tenere insieme i personaggi il più possibile: davanti alla telecamera, nei loro uffici, nelle riunioni, ecc. Allo stesso modo, alcuni dei momenti migliori di West Wing dove i membri (uomini) dello staff della Casa Bianca parlavano di donne o giocavano a basket col bidone della spazzatura, quando Sorkin poteva scrollarsi di dosso il peso del drama e mostrare per un momento il tranquillo ma feroce cameratismo che può sbocciare tra amici intimi. Ma Studio 60 ha preso l’alchimia tra Matthew Perry e Bradley Whitford e l’ha mandata in frantumi, e non solo perché il ruolo di Perry nei panni di Matt lo sceneggiatore capo e il ruolo di Whitford nei panni di Danny il produttore esecutivo richiedevano che fossero separati durante “lo show nello show”. No, invece di costruire la relazione tra questo duo e usarlo come ancoraggio emotivo per la serie, Sorkin li ha mandati ciascuno a correre dietro alle proprie (spesso ex) fidanzate, trasformando un dramedy corale in una debole commedia romantica.

2 – La premessa è diventata un ripensamento. La puntata pilot di Studio 60 si occupava dello show vero e proprio in questione, una serie di sketch comici sulla scia di Saturday Night Live (anche se meno divertente persino dei tempi più bui di SNL, il che doveva dirci qualcosa). Ma dopo alcune storyline sui contenuti e l’inizio di una sottotrama meta-narrativa sui problemi degli ascolti, presto si è trasformato in qualcosa di stravagante – storyline di vita privata sul cast mentre abbandona lo spettacolo che avrebbero dovuto produrre. Con Studio 60, lo spettacolo è diventato secondario rispetto alle banali debolezze romantiche dei personaggi principali; ciò che era speciale nello show, ciò che lo distingueva e lo rendeva unico, è stato (non troppo) gradualmente messo in secondo piano, finché alla fine Studio 60 è diventato semplicemente un altro dramedy ambientato sul posto di lavoro.

3 – Sorkin ha usato la serie per esorcizzare i suoi demoni. E’ fin troppo facile unire i puntini. La scrittura di Studio 60 è stata una specie di auto-terapia: un’opportunità per Sorkin di modellare uno scrittore ebreo come lui, Matt (Perry), e di metterlo in contatto con una cristiana conservatrice, Harriet (Sarah Paulson), un personaggio fino troppo simile all’attrice Kristen Chenoweth, con cui Sorkin uscì brevemente. La solita (e comunque presente) scrittura vivace e corrosiva è stata soggiogata dal costante bisogno di Sorkin di predicare al suo pubblico, e mentre in passato era in grado di sposare quel bisogno con avvincenti storie di personaggi, in Studio 60 ha soltanto usato i personaggi come pedine per organizzare i suoi sermoni. Di tutti questi, i più tristi sono quelli dedicati alla relazione tra Matt e Harriet. Nel mondo reale, una donna potrebbe semplicemente scegliere Dio invece di un fidanzato; ma nella fantasia di Sorkin, il ragazzo vincerà ogni volta, a colpi di orazione.

Trailer

Studio 60 on the Sunset Strip
Studio 60 on the Sunset Strip
Il Verdetto
Figlio di un tempismo sfortunato, questo meta-show di Sorkin conferma il suo talento nella scrittura seriale e, anche se non privo di difetti, si rivela un discreto prodotto per i nostalgici di West Wing. Tutti gli altri possono starne alla larga.
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