C'era una volta una favola nera, ambientata nella periferia sud di Roma, tra la malinconica litoranea brutalmente costruita ed una campagna che è stata palude. Una piccola comunità di famiglie, i loro figli adolescenti, la scuola. Un mondo apparentemente normale dove silente cova il sadismo sottile dei padri, impercettibile ma inesorabile, la passività delle madri, l'indifferenza colpevole degli adulti. Ma soprattutto è la disperazione dei figli, diligenti e crudeli, incapaci di farsi ascoltare, che esplode in una rabbia sopita e scorre veloce verso la sconfitta di tutti.
Quattro ragazzini di periferia emotivamente soffocati all'apice della pubertà lottano per adattarsi alla banalità del mondo dei loro genitori. I fratelli D'Innocenzo stupiscono in questo noir di periferia romana, non insolito per il loro background artistico. Provengono dalla scuola di Matteo Garrone (erano co-sceneggiatori in Dogman), tuttavia Favolacce è più di un semplice campionario di crudeltà. E' un'opera grottesca, con tratti distintivi e una forte personalità.
L'apertura è timidamente complicata da un narratore invisibile (Max Tortora) che afferma di aver trovato il diario incompiuto di una bambina e di aver completato la sua storia. Per fortuna questo espediente letterario più o meno scompare, lasciando il palco a un assortimento di ragazzini goffi provenienti da famiglie disfunzionali. La narrazione è, forse volutamente, debole, come se spingesse lo spettatore ad uno sforzo per capire chi sono i personaggi e cosa stanno facendo.
Le loro vite futili vengono rivelate di tanto in tanto. Ma non c'è niente di banale nelle inquadrature, trovi l'umorismo astuto in grado di conquistare lo spettatore più sofisticato, e il ritratto deprimente di una gioventù dimenticata con cui il grande pubblico può empatizzare.
Viola (Giulia Melillo) è una bella ragazza che tiene sempre gli occhi per terra e trascorre molto tempo a casa della famiglia Placido, amici di suo padre (Max Malatesta). Un giorno fa qualcosa di sbagliato che fa infuriare i suoi genitori ed è sadicamente rasata dei suoi riccioli. Non reagisce apertamente a questa brutalità, ma trascorre il resto del film indossando una parrucca nera.
La famiglia Placido comprende i fratelli Alessia (Giulietta Rebeggiani) e Dennis (Tommaso Di Cola), costretti a leggere ad alta voce le loro pagelle durante le cena di famiglia. Entrambi hanno ottenuto ottimi voti. La loro mamma (Barbara Chichiarelli) e il papà (Elio Germano) sembrano distanti e poco amorevoli. L'aggressività passiva del padre è sempre pronta ad esplodere come quando, dopo aver installato una piscina con telaio in giardino, si infastidisce così tanto dai ragazzi del vicinato che la usano che la accoltella maliziosamente e dà la colpa agli "zingari".
L'ultima strana famiglia comprende il pallido, malaticcio Geremia (Justin Korovkin) che non parla mai e il suo estroverso papà (Gabriel Montesi). Sono gli unici, malgrado la stranezza e l'assenza di una figura materna, ad avere una relazione e alcuni sentimenti positivi l'uno per l'altro.
Sebbene Elio Germano, l'unico attore di grido nel cast, mantenga il racconto sull'orlo dell'esplosione drammatica finale, l'intero cast fa un buon lavoro nella rottura degli stereotipi, in particolare i quattro giovani attori si distinguono nell'interpretare dei ragazzini in bilico tra l'angoscia della loro età e la totale mancanza di modelli adulti affidabili.
Un plauso anche alla location, creata intorno alla piccola fila di case circondate da prati curati, che il veterano direttore della fotografia Paolo Carnera e tre scenografi trasformano in uno spazio fantastico che non è, appropriatamente, mai del tutto reale.
Favolacce
Il Verdetto
Favolacce è più di un semplice campionario di crudeltà. E’ un’opera grottesca, con tratti distintivi e una forte personalità.