Povere creature!
Lei non somiglia a niente che tu conosca.
Scheda del Film
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Recensione
Da qualche anno il regista greco Yorgos Lanthimos è un punto di riferimento dei cineasti che sanno muoversi in equilibrio tra l’autorialità e la filmografia popolare. Ecco che l’adattamento di un romanzo allegorico di emancipazione ed educazione sentimentale a firma di Alasdair Gray diviene l’occasione per realizzare una fiaba gotica che, come l’opera originale, deve molto al Frankenstein di Mary Shelley. Lanthimos gioca tutte le sue carte all’insegna di un formalismo a volte esasperante e spesso puramente autoreferenziale (fisheye, fisheye ovunque!), ma gli va riconosciuto un gran lavoro di “traduzione” e accessibilità; egli alternativamente spiazza lo spettatore con la sgradevolezza animalesca di alcune scene e subito dopo lo rassicura, portandolo piano piano ad apprezzare gradualmente concetti più ostici.
Nulla di troppo metafisico, per carità: uscito nello stesso anno di Barbie, Poor Things è paradossalmente più basico, con dinamiche che si susseguono, quasi sempre duplicate in maniera ridondante per fissarle in un rigido quadro d’insieme al limite del didascalismo, con cui si sottolinea l’evoluzione di Bella Baxter. In questo, per fortuna, (oltre ad un comparto tecnico-visivo da applausi) la presenza scenica di Emma Stone eleva di molto l’operazione: l’evoluzione della protagonista è uno degli aspetti più accattivanti del film, soprattutto quando si trova ancora a ragionare (e a muoversi), letteralmente, con la testa di una bambina.