Sto pensando di finirla qui

Scheda del Film

Titolo Originale
I'm Thinking of Ending Things
Paese
 United States of America
Casa di Produzione
Likely Story, Projective Testing Service
Regia
Charlie Kaufman
Producer
Charlie Kaufman, Anthony Bregman, Robert Salerno, Stefanie Azpiazu
Sceneggiatura
Ideatore
Cast
Jessie Buckley, Jesse Plemons, Toni Collette, David Thewlis, Guy Boyd, Colby Minifie, Hadley Robinson, Gus Birney, Abby Quinn, Anthony Grasso, Teddy Coluca, Jason Ralph, Oliver Platt, Fredrick Wodin, Ryan Steele, Unity Phelan, Dj Nino Carta, Austin Ferris, Dannielle Rose, James Glorioso Jr.
Durata
2 h 14 min
Data di Uscita
28 Agosto 2020
Generi
Drammatico, Thriller
Budget
Revenue
Sinossi
Nonostante i dubbi sul loro rapporto, una giovane donna (Jessie Buckley) parte in viaggio con il suo nuovo ragazzo (Jesse Plemons) alla volta della fattoria di famiglia. Bloccata alla fattoria durante una tempesta di neve con la madre (Toni Collette) e il padre (David Thewlis) di Jake, la ragazza comincia a mettere in discussione tutto quello che sapeva o credeva di aver capito del suo compagno, di se stessa e del mondo.

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Questa è la seconda sceneggiatura di Charlie Kaufman basata su un romanzo, ma a differenza della meta-dissezione de Il ladro di orchidee, qui cerca di entrare nella pelle, o almeno nella sensibilità, del libro di Iain Reid del 2016.

Jessie Buckley è del tutto miracolosa nel ruolo centrale di una giovane donna che ha accettato di incontrare i genitori del suo ragazzo, anche se “sta pensando di finirla qui”.

Viene presentata come Lucy, ma scivola in altri nomi (e altri vestiti, e altre voci) mentre il film va avanti. Forse descriverla come personaggio centrale è fuorviante tanto quanto Kaufman vuole che lo sia: c’è una gran volubilità nel personaggio che sembra ripetutamente sgretolarsi e riformarsi, come una scultura di sabbia. Ma l’autenticità della performance della Buckley, che sembra ancor più notevole ripensandoci dopo la visione, conferisce al personaggio un’insensata solidità, mentre gli altri personaggi le vagano intorno come fantasmi.

“Sto pensando di finirla qui” è un horror psicologico nervoso e inquietante, saturo di una logica onirica che si contorce e si ribalta nel dominio degli incubi

Questo non è il cinema che ti fa sentire bene, a tuo agio. Non percorre un percorso familiare, di cui sai cos’attenderti. Ma Sto pensando di finirla qui è uno dei film più audaci e inaspettati dell’anno, un horror psicologico nervoso e inquietante, saturo di una logica onirica che si contorce e si ribalta nel dominio degli incubi.

Il viaggio è solo lo scheletro narrativo su cui Kaufman realizza probabilmente il suo film più impegnativo fino ad oggi, un’opera che rasenta l’estetica lynchiana nel suo registro surreale, muovendosi avanti e indietro tra la realtà e un commento onirico sui legami. C’è una battuta all’inizio del film che sembra dettare la traccia: “Altri animali vivono solo nel presente. Gli esseri umani non possono. Così hanno inventato la speranza.” “Sto pensando di finirla qui” parla di costruzioni umane come la speranza, la felicità, i legami e persino il tempo.

Proprio per questa complessità e profondità, il film che potrebbe essere danneggiato dal modello Netflix. Non è qualcosa che dovrebbe essere guardato mentre si è distratti dal telefono. Richiede attenzione per permettere di farsi strada sotto la tua pelle, in caso contrario ti perderai e non vedrai l’ora che finisca. Molti amici nelle mie bolle social hanno ammesso candidamente di non averci capito nulla.

In realtà “Sto pensando di finirla qui” ha un notevole potere cumulativo, anche se narrativamente sembra avere sempre meno senso. Kaufman cerca un approccio narrativo che vada oltre la semplice trama, trasmettendo la solitudine e la relativa stasi dell’esistenza umana. È un film in cui i due protagonisti trascorrono la maggior parte del film in un’auto in movimento eppure sembra che non possano arrivare da nessuna parte. La frase: “Scivoli nell’assalto di giorni identici” ha aggiunto significati molteplici in questo 2020, ma sembra essenziale per l’approccio di Kaufman. Sì, certo, tutti i giorni sono identici, perché siamo noi a dare loro un significato, a volte falsamente e a volte perché dobbiamo farlo proprio per sopravvivere a questi giorni identici.

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