La fiera delle illusioni – Nightmare Alley
L'arte dell'inganno
Scheda del Film
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Recensione
Nightmare Alley è il classico caso in cui il remake, se di remake si può parlare, era un atto doveroso.
Il romanzo, una one hit wonder post-bellica di William Lindsay Gresham, venne trasposto immediatamente dalla Hollywood degli Anni Quaranta, ma la produzione impose il “lieto fine”, con il protagonista (interpretato da Tyrone Power) che veniva salvato dall’amorevole Molly. Un epilogo che cozzava fortemente con l’anima dell’opera, un percorso di dannazione privo di redenzione che affonda temi e stilemi nel noir classico.
Ci voleva un autore come Guillermo Del Toro, perfettamente a suo agio nel trattare il tema del morboso e dell’emarginato, per ridare vita al soggetto. Ecco che tutto quel che non si poteva dire (e soprattutto mostrare) all’epoca ora non ha più vincoli, quindi il regista messicano può premere l’acceleratore sul tema del freak e dell’emarginato, tanto caro alla sua estetica. Sui personaggi non c’è molto da dire, sono tutti dei cliché del noir classico: Bradley Cooper è il bello e dannato con un passato pieno di ombre, Rooney Mara è la dolce e ingenua fanciulla pronta a credere ai sogni e a salvare il suo interesse amoroso, Cate Blanchett è la femme fatale ammaliatrice in grado di far emergere tutti i fantasmi del protagonista, battendolo al suo stesso gioco. Lo script è palesemente diviso in due parti, la prima è la formazione di Stan presso il luna park gestito da Clem (Willem Defoe), la seconda è la sua carriera da mentalista. Il minutaggio è notevole, ma la visione non è noiosa, e non sembrano esserci momenti che avrebbero meritato le forbici del montatore. Un unico appunto alla sceneggiatura lo farei per come “risolve” la origin story del protagonista: lo mostra ma lo accenna appena, a quel punto era meglio non far vedere nulla e lasciare tutto all’immaginazione.
Come in tutte le opere di Del Toro, anche il comparto tecnico gioca il suo ruolo importante nel definirne l’estetica. Fotografia e scenografia ricreano con grande ricchezza visiva quel clima da carnival itinerante che definisce tutta la prima parte del film, così come il jet set di Buffalo nella seconda. Menzione d’onore per l’interpretazione di Cooper, magistrale in un ruolo con così tanti grigi, e per la Blanchett, che mette in campo una felice e raffinata interpretazione “alla Veronica Lake”, citazione forse banale ma che sicuramente non stona.