Primavera 1968, un giovane ingegnere, Giorgio Rosa con un grande sogno e un genio visionario decide di costruire un'isola al largo di Rimini, fuori dalle acque territoriali, e la proclama stato indipendente. Un’isola d’acciaio in cui la libertà individuale è il valore assoluto: non ci sono regole! In questa impresa Giorgio avrà al suo fianco: il suo migliore amico, un giovane imprenditore più propenso ai bagordi che all'azienda di papà, un misterioso naufrago, un animatore delle notti romagnole in cerca di una nuova vita, una ventenne romantica e Gabriella, la donna appassionata che Giorgio trascina nella sua ambiziosa avventura e nella sua vita. L'Isola attira l'interesse della stampa e soprattutto di frotte di ragazzi da mezzo mondo, trasformandosi in mito, in caso internazionale e in un problema politico per il Governo italiano.
E' rarissimo che una storia ci piaccia per quel che è, e che non si senta l'esigenza di cambiarne qualche particolare. Anche quando raccontiamo qualche fatto realmente accaduto, non proviamo mai quel desiderio di modificare qualche particolare per renderla più appetibile, a noi stessi prima che ai nostri ascoltatori?
Nel cinema accade sempre, e nessun biopic, per quanto rigoroso, sarà mai del tutto aderente al fatto storico. Quella operata da Sydney Sibilia con la storia dell'ingegner Giorgio Rosa, però, è un'artefazione più elaborata.
Giorgio Rosa non era un trentenne neolaureato quando s'imbarcò nell'impresa di un'isola artificiale al largo della costa romagnola; non creò l'isola delle Rose per un rivoluzionario spirito di libertà, ma per evitare le accise sul trasporto dei carburanti.
E' sorprendente la scelta di un soggetto praticamente sepolto nella storia della nostra Repubblica per realizzare quella che è a tutti gli effetti una specie di commedia balnear-giovanilista a tinte pop con un ingenuo (e falso) sottotesto ideologico. E' sorprendente anche un cast di primissimo piano, spesso ridotto a fare le macchiette (Zingaretti & Bentivoglio). Lo stesso protagonista, interpretato da uno sprecato Elio Germano, appare realmente monodimensionale alla sua idea, e privo di sviluppo del personaggio.
L'incredibile storia dell'isola delle Rose è un film così leggero e irrilevante che faccio fatica ad ascriverlo ad un giovane autore che tanto bene aveva fatto con la trilogia di Smetto quando voglio.
L’incredibile storia dell’isola delle Rose
Il Verdetto
"L'incredibile storia dell'isola delle Rose" è un film che riesce nell'impresa di essere, al tempo stesso, poco interessante e poco veritiero.