The Commitments
Non avevano assolutamente nulla. Ma erano disposti a rischiare tutto.
Scheda del Film
Dove vedere “The Commitments” in streaming
È strano come i film popolari possano scomparire dalla memoria collettiva con il passare del tempo.
“Gli irlandesi sono i neri d’Europa. I dublinesi sono i neri d’Irlanda. I dublinesi del Nord sono i neri di Dublino. Quindi, dillo una volta e dillo ad alta voce, sono nero e sono orgoglioso”.
Di recente ho recuperato The Commitments, film del 1991 di Alan Parker sulla breve ascesa e la caduta ancora più rapida di una band soul della working class a Dublino, in Irlanda.
È una storia semplice. Basato sul romanzo d’esordio del 1987 di Roddy Doyle e ambientato nei difficili quartieri del nord di Dublino, The Commitments è incentrato sull’aspirante promotore musicale Jimmy Rabbitte (Robert Arkins), che ha l’idea di formare una band soul.
Il ragazzo forma la band, districandosi tra drammi interpersonali, ego in rapida crescita e una rete intricata di gelosie sessuali per forgiare un gruppo soul affiatato e potente. Purtroppo, le lotte intestine trionfano sul talento e dopo il loro miglior concerto di sempre, i The Commitments si sciolgono in maniera eclatante.
Questo potrebbe essere un finale pessimo, siamo onesti, ma è il viaggio che non conta, non la destinazione. Ecco perché vale la pena rivisitare The Commitments.
Beh, per prima cosa la musica è fantastica. C’è una ragione commerciale alla base della rapida trasposizione del romanzo sul grande schermo: i produttori sapevano che la colonna sonora sarebbe stata un botto, piena di cover di Otis Redding, Wilson Pickett e Aretha Franklin. La band nel film è la band della colonna sonora, con Parker che registra dal vivo sul set per massimizzare la sensazione di autenticità. Certo, all’inizio sono terribili, ma viaggiamo con loro man mano che migliorano gradualmente, fino alla loro esibizione trionfante di “Mustang Sally” al loro ultimo concerto – in realtà l’unica volta che sentiamo un’intera canzone nell’intero film.
Si potrebbe sostenere che una band irlandese interamente bianca che suona quasi esclusivamente canzoni della cultura nera (a parte Van Morrison) sia un atto di appropriazione culturale, ma il film ne esce con eleganza. Alla domanda di uno dei membri della band se farlo sia stata una scelta sbagliata, Jimmy offre una goffa ma sincera replica: “Gli irlandesi sono i neri d’Europa. I dublinesi sono i neri d’Irlanda. I dublinesi del Nord sono i neri di Dublino. Quindi, dillo una volta e dillo ad alta voce, sono nero e sono orgoglioso”.
Parker, per essere un inglese, mostra un incredibile senso del luogo e della cultura nel film, catturando scene di strada di mercati affollati, stendibiancheria e branchi di bambini vagabondi con un occhio esperto per la specificità. Ovviamente The Commitments non è un film “alla Ken Loach”; mentre riconosce la povertà endemica del suo ambiente, cattura un certo umorismo mesto senza mai scendere alla sdolcinatezza. Le circostanze sono, nel complesso, terribili, ma mai infelici: c’è sempre musica.
Ecco perché, nonostante il finale, The Commitments è una pellicola ottimista: la band, la musica, non erano una via d’uscita dalle loro vite, ma una parte integrante, anche elevata, di esse. E’ un ottimo film perché ci ricorda che la musica, e in effetti tutta l’arte, non è un luogo lontano, una torre d’avorio, destinato in esclusiva ai grandi e ai dotati; nella migliore delle ipotesi, appartiene alla gente e alle strade.