Il sol dell’avvenire
Scheda del Film
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Recensione
Ci sono due modi, entrambi estremi e semplici, per approcciare Il sol dell’avvenire: considerarlo il risultato di una sceneggiatura creata da un AI a cui siano stati dati in pasto tutti i film del regista, oppure ritenerlo il film-testamento con cui il celebre autore romano si congeda dal cinema.
Va detto che Nanni Moretti, in vari passaggi della pellicola, prova disperatamente a convincere lo spettatore che una (o entrambe) le chiavi per interpretarlo siano corrette: il ricorso ossessivo all’autocitazione di molti dei suoi cliché, che spesso si trasforma in autoparodia; l’uso di buona parte dei suoi attori-feticcio (Silvio Orlando e Margherita Buy su tutti); e poi, ovviamente, la lunga scena finale.
Il mio parere è che, dopo l’oggettivo flop di Tre Piani, a Moretti serviva tornare alle origini, rimettersi al centro della scena per annodare definitivamente il discorso dei suoi “tre piani” (personale, cinematografico, politico) e reintercettare il suo pubblico, che è quello dei boomer, ovviamente.
Il sol dell’avvenire declina il concetto di crisi su varie tematiche: il film che gira Giovanni è ambientato durante la prima crisi del Partito Comunista Italiano, incapace di condannare l’invasione dell’Ungheria da parte dell’Unione Sovietica; la strisciante crisi relazionale tra Giovanni e Paola, sua moglie e produttrice; la crisi artistica di un autore che si rifiuta di piegarsi alle nuove regole del gioco (l’algoritmo di Netflix, un certo tipo di estetizzazione della violenza…).
Non è difficile cogliere l’ironia in questo didascalico tentativo di modernizzare l’iconografia morettiana (dallo scooter si è passati al monopattino), ma oggettivamente non tutto riesce al meglio, in primis il Nanni attore: ingessato nei movimenti, rallentato nella dizione, con espressioni quasi robotiche. Anche le “amichevoli partecipazioni” di Renzo Piano, Chiara Valerio e Corrado Augias cadono abbastanza nel cringe. Nel complesso, però, trovo encomiabile lo sforzo, fare un film su se stesso, sulla lotta, la solitudine, la gioia e la fatica di dover essere coerenti e continuare comunque a sognare un mondo in cui tutti gli altri provano lo stesso senso di appartenenza alle stesse cose.