“I segreti sono bugie”
“Condividere è prendersi cura”
“La privacy è un furto”
(Dave Eggers, Il Cerchio)
Il futuro non è mai stato così nero. E’ passato tanto, troppo tempo dal positivismo degli Anni Ottanta, quel decennio in cui, ignorando le evidenze di un mondo tutt’altro che perfetto, si amava immaginare un uomo in grado di andare a conquistare lo spazio, a conoscere altre forme di vita, con una tecnologia potente ma non pervasiva. Adesso non è più così, e non solo per le tragedie che stanno funestando la nostra epoca. Non è così, perché quel che prima potevamo soltanto immaginare si sta, non troppo lentamente, palesando davanti ai nostri occhi. E non sembra solo oro, pur brillando molto.
Dave Eggers è uno scrittore statunitense di successo, che appartiene a quella schiera di autori, Jonathan Franzen su tutti, che hanno da tempo preso le distanze dalla cosiddetta rivoluzione digitale, un trend tecnologico governato da Internet, smartphone e social media che ha cambiato le carte in tavola in tutti i settori, compreso quello dell’editoria. Di recente Mondadori ha pubblicato l’edizione italiana di un suo romanzo del 2013, “Il Cerchio” (The Circle), dove Eggers realizza un interessante summa di tutti i suoi timori nei confronti di una società che stiamo già contribuendo a creare.
Costruito per flirtare con il genere distopico, “Il Cerchio” tesse una trama inversa rispetto ai grandi classici di Orwell, Bradbury o Huxley. Mentre Winston Smith o Guy Montag si trasformano da pedine del sistema a ribelli, la protagonista di Eggers, Mae Holland, viene progressivamente integrata nel Cerchio, la multinazionale tecnologica (epitome di Google, Facebook, Twitter, Amazon ed Apple) che la assume e da cui inizialmente si sente intimorita fino ad apparire come un pesce fuor d’acqua.
Lo spunto narrativo è intelligente e in linea con la volontà di critica di una società che si sta gettando spontaneamente nelle braccia di un sistema di controllo continuo e indistinto. Mettere il lettore nei panni di una neo-dipendente del Cerchio consente all’autore di fargli percepire la naturalezza con la quale la ragazza finisce con l’immolare tutto il suo mondo di relazioni sull’altare della condivisione continua, della bulimia da input e da feedback.
Il romanzo è ambientato in un futuro non troppo lontano. Dobbiamo quindi preoccuparci? La risposta di Eggers viene lasciata nelle parole di uno dei pochi personaggi del libro (Mercer, amico di Mae) che si schierano contro l’avanzamento illimitato del Cerchio.
“Per anni c’è stato un tempo felice in cui gli uomini che avevano il controllo dei più importanti canali di Internet erano davvero persone abbastanza perbene. O almeno non erano rapaci e vendicativi. Ma io ho sempre avuto questa preoccupazione: e se qualcuno volesse usare questo potere per punire quelli che l’hanno sfidato?”
Nel mondo del Cerchio, così simile al nostro, non c’è una vera forma di repressione. Non ce n’è bisogno. La trasparenza e la condivisione sono i verbi di un vangelo laico che finisce per includere qualsiasi membro della comunità che non voglia sentirsi “escluso”. I politici vengono invitati a indossare una telecamera al collo nel nome della trasparenza, chi non lo fa subisce l’indignazione pubblica e verosimilmente non viene rieletto. Le resistenze all’avanzamento del Cerchio, alla sua “chiusura” (il monitoraggio completo di tutti i dati della popolazione del pianeta, presenti e passati) sono assai flebili, e neanche i momenti drammatici o di crisi vissuti dalla protagonista e dai suoi affetti più cari sono sufficienti a smuovere da Mae la convinzione che si sia passato il segno.
Cogliendo appieno le conseguenze fattive del motto dei Tre Saggi fondatori, “Tutto ciò che accade deve essere conosciuto”, la ragazza delega la propria libertà sull’altare di una serie di benefits aziendali e di riscontri personali. Significativo come, presa dalla troppa stanchezza e da una specie di malessere da oversharing, si rifugi nel lavoro fino a tarda notte per sentirsi meglio. Per sentirsi utile.
Per farsi un’idea di quel che “Il Cerchio” rappresenta bisogna leggerlo. Personalmente, lo ritengo in fondo un romanzo mediocre nella forma in cui non riesce ad essere fino in fondo né una vera distopia, né un testo di fantascienza. Assomiglia più ad un saggio sui pericoli del soluzionismo, qualcosa uscito dalla penna di Eugeni Morozov, con spunti sociologici interessanti, ma con poveri contributi all’immaginario collettivo. Uno dei momenti topici del libro assomiglia fin troppo a scene a cui Black Mirror ci ha già ben abituati.
Dave Eggers non ha immaginato un futuro, ci ha soltanto raccontato i suoi timori. Alcuni condivisibili, altri molto meno. Il finale, molto tirato via e prevedibile nella scoperta di uno dei personaggi-chiave, ci racconta ancor meglio come per lo scrittore non contasse la storia, quanto la propria tesi.
[…] aldilà di prendersi un preoccupante e distopico potere di censura che lo avvicina a certa recente letteratura, continuerà ad avere una bella gatta da pelare in casa, e a fornire un servizio sempre meno […]