Sinossi: Nella, un’assistente editoriale, è stanca di essere l’unica ragazza nera nella sua azienda, quindi è emozionata quando viene assunta Hazel. Ma mentre la stella di Hazel inizia a sorgere, Nella si allontana e scopre che qualcosa di sinistro sta succedendo in azienda.
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Recensione
E’ difficile, dal nostro divano “caucasico”, cogliere tutte le sfumature e i livelli di lettura di una serie come The Other Black Girl, che solo per gli archivisti può essere considerato un mero thriller. E’ difficile anche perché la riduzione del romanzo di Zakiya Dalila Harris non ha comunque le ambizioni di opera meta sulla cultura afro-americana come Atlanta.
E allora ci si ritrova come tutti i personaggi “bianchi” di questa serie: sullo sfondo, goffi, impacciati, incapaci di comprendere la situazione e bravi solo a dire la cosa sbagliata o a compiere il gesto inopportuno.
Veniamo quindi all’aspetto più interessante della serie, quello su cui viene inizialmente incentrata prima che la parte thriller-misteriosa della trama prenda il sopravvento: il razzismo intrinseco sul posto di lavoro. E’ qualcosa d’implicito, perché ormai certe cose non si possono più dire apertamente, pena la cancellazione pubblica. Però c’è, eccome, solo è più subdolo. Quando Hazel inizia a lavorare in azienda, lei e Nella vengono paragonate. Anche se non viene mai detto apertamente, è chiaro che i colleghi vedono Hazel come il modo giusto di essere una donna nera.
La serie è ricca di personaggi che rappresentano il modo in cui le donne nere possono interiorizzare i messaggi che ricevono sia direttamente che subliminalmente, abbracciando solo idee di blackness che non sfidano la supremazia bianca. Il lato oscuro della storia sono le donne nere che accettano di chiudere la bocca, diventare deferenti e ignorare qualsiasi problema per avere successo. Il loro modo di aggiustare un sistema oppressivo è semplicemente conformarsi ad esso.
Trailer
