Aprile
Scheda del Film
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Recensione
Nanni Moretti ha girato appena due film negli anni Novanta. E’ stato un periodo difficile, dal punto di vista artistico: staccarsi dalla figura di Michele Apicella e percorrere altre vie non è stata una passeggiata di salute, soprattutto in una fase in cui il regista romano ha dovuto affrontare varie vicissitudini personali.
Ecco che, “bloccato” nella produzione creativa, Moretti ha preferito dedicarsi ad una forma filmica “ibrida”, scevra da rigide scritture narrative, ma non priva del suo arguto occhio per la società. Una sorta di documentario fittizio, almeno in parte (gli americani lo chiamano mockumentary) diviso tra fatti privati e fatti pubblici.
In Aprile, il fatto privato riguarda la nascita del figlio Pietro; il fatto pubblico è la vittoria del centro-sinistra alle elezioni politiche del 1996. Moretti racconta il suo impegno nel seguire la campagna elettorale per girarne un documentario, ma in realtà il focus è molto più incentrato sugli aspetti privati della vita del regista. E’ un Moretti molto più privato che pubblico, come per tutti gli anni Novanta.
Il problema è che in Caro Diario la suddivisione in sketch seguiva un filo molto più coerente e curato. Aprile è quasi una pellicola-bozza, con un minutaggio al confine del mediometraggio, un episodio dimenticabile della filmografia morettiana nonostante ci abbia regalato una delle sue battute migliori (“D’Alema, dì qualcosa di sinistra!”)